Questa mattina fa molto freddo e c’è il sole. Mi sono alzata
con la soddisfazione di un week end di torte ben riuscite. Insieme alle mie
compagne di viaggio Think Sugar continuo a camminare in questa strana via dello
zucchero. Giorni fa, mentre intagliavo il Koala per la torta di Daniela, sotto
le direttive di Angela, mi sembrava di essere tornata a scuola. Mi divertivo,
passavano le ore senza che me ne accorgessi. Mi pareva d’essere ancora in
redazione, quando facevo la cronaca delle partite di calcio, birra alla mano,
col sorriso, la battuta sempre pronta e la goliardia che mi contraddistingue. E
ho capito che per lavorare mi devo sempre divertire, per dare il meglio devo
sorridere, inventare, creare.
Stamattina che c’è il sole e posso stare a casa a riordinare
le idee mi sono messa a leggere un po’ di cose. Ho caricato le foto delle torte
su facebook e girovagando sulle bacheche
altrui mi sono imbattuta nella “Lettera aperta alle mie amiche di pancia” che
potete leggere nella community del sito de L’Unità.
A scriverla è stata Paola Natalicchio, un’amica con cui ho
frequentato l’università, giornalista eccellente, persona straordinaria che dal
23 marzo 2011 è “mamma a tempo pieno di un bambino speciale, intrappolato in un
reparto di Oncologia pediatrica”.
“Il regno di Op”, il titolo del blog con cui ha deciso di raccontare la sua storia, altro non è che “un mondo parallelo e incredibile”. Un mondo che ha cambiato
per sempre i suoi occhi.
Ero a Policoro per le vacanze estive insieme alla mia amica
Francesca quando arrivò il terribile messaggio di Paola che ci annunciava che
Angelo, un bellissimo bimbo di pochi mesi, aveva un mostro nella pancia. Ecco perché
era sparita da facebook, ecco spiegato il suo silenzio. Quel dolore non poteva
avere parole. “Per molti mesi – scrive Paola nella sua lettera -, le parole per
raccontarvelo io non le ho trovate. E così vi siete ammutolite anche voi,
vostro malgrado e senza colpa. Abbiamo smesso di parlare di latte e tutine,
notti insonni e nonni invadenti. Il nostro viaggio insieme è stato interrotto
bruscamente, il panorama fuori dai nostri finestrini non è stato più lo stesso”.
Quella sera io e Fra ci siamo guardate senza riuscire a dire frasi che avessero
un senso e abbiamo pianto. Per sfogarci un po’. Perché quando cose del genere
succedono a qualcuno che conosci assumono contorni più netti e ti metti lì a
riflettere ma senza trovare un senso.
Paola è rimasta per un bel pò in quel torpore che ti dà il silenzio. Ma ha
sempre risposto ai miei sms, aggiornandomi sui progressi e regressi, poi ancora progressi di Angelo.
Fino alla sera in cui ho letto che quel piccolo guerriero di neanche dieci mesi
dormiva beato nel suo lettino. In quello di casa. In quello che mamma e papà
avevano scelto con cura e amore per lui. Ma la battaglia non è ancora finita.
Ecco, ora voi vi chiederete perché dalle torte e dalla mia
felicità sono finita a parlarvi di Paola, di Angelo e del Regno di Op.
Semplicemente non lo so. Seduta alla mia scrivania, che poi è un luogo angusto
e spesso impolverato nella stanza destinata ai panni sporchi e alla tavola da
stiro, il panorama mi invita ai pensieri. C’è tanto cielo dalla mia finestra e
il verde della tenuta di Castel Porziano in lontananza. Vedo i cavalli e le mucche al pascolo. E tutto quella distesa
verde mi fa venire in mente i bambini che corrono, spensierati. Ecco l’ho
detto: s p e n s i e r a t i, perché proprio così dovrebbero essere.
Da quando Paola ha deciso di raccontarsi e raccontare questo luogo sconosciuto che è il reparto di oncologia pediatrica, leggere quello che
accade in questo strano regno è diventato imprescindibile. Per noi che siamo suoi
amici ma anche per chi non la conosce. Ecco, io leggo i messaggi che le scrivono e non ci vedo la compassione. Ma la forza. La stima. L’affetto.
Perché le sue parole infondono coraggio, ci fortificano e ci fanno
riflettere.
Mentre facevo la torta con Angela parlavo della lettera che
Paola ha scritto a Vanity Fair di cui siamo affezionate lettrici, mentre
tentavo di trovare il giusto punto di grigio per il mio Koala mi sentivo
orgogliosa di questa lettera e della mia amica. Mi auguro che Angelo, il
piccolo Simba, non debba più far parte di quello strano e sconosciuto regno
parallelo. Ma spero che Paola non smetta di raccontare “questi bambini
speciali, con le teste rasate come soldati arruolati in una guerra
inconsapevole e ingiusta”.
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