lunedì 16 gennaio 2012

Il regno di Op


Questa mattina fa molto freddo e c’è il sole. Mi sono alzata con la soddisfazione di un week end di torte ben riuscite. Insieme alle mie compagne di viaggio Think Sugar continuo a camminare in questa strana via dello zucchero. Giorni fa, mentre intagliavo il Koala per la torta di Daniela, sotto le direttive di Angela, mi sembrava di essere tornata a scuola. Mi divertivo, passavano le ore senza che me ne accorgessi. Mi pareva d’essere ancora in redazione, quando facevo la cronaca delle partite di calcio, birra alla mano, col sorriso, la battuta sempre pronta e la goliardia che mi contraddistingue. E ho capito che per lavorare mi devo sempre divertire, per dare il meglio devo sorridere, inventare, creare.
Stamattina che c’è il sole e posso stare a casa a riordinare le idee mi sono messa a leggere un po’ di cose. Ho caricato le foto delle torte su facebook e  girovagando sulle bacheche altrui mi sono imbattuta nella “Lettera aperta alle mie amiche di pancia” che potete leggere nella community del sito de L’Unità.
A scriverla è stata Paola Natalicchio, un’amica con cui ho frequentato l’università, giornalista eccellente, persona straordinaria che dal 23 marzo 2011 è “mamma a tempo pieno di un bambino speciale, intrappolato in un reparto di Oncologia pediatrica”. 
“Il regno di Op”, il titolo del blog con cui ha deciso di raccontare la sua storia, altro non è che “un mondo parallelo e incredibile”. Un mondo che ha cambiato per sempre i suoi occhi.
Ero a Policoro per le vacanze estive insieme alla mia amica Francesca quando arrivò il terribile messaggio di Paola che ci annunciava che Angelo, un bellissimo bimbo di pochi mesi, aveva un mostro nella pancia. Ecco perché era sparita da facebook, ecco spiegato il suo silenzio. Quel dolore non poteva avere parole. “Per molti mesi – scrive Paola nella sua lettera -, le parole per raccontarvelo io non le ho trovate. E così vi siete ammutolite anche voi, vostro malgrado e senza colpa. Abbiamo smesso di parlare di latte e tutine, notti insonni e nonni invadenti. Il nostro viaggio insieme è stato interrotto bruscamente, il panorama fuori dai nostri finestrini non è stato più lo stesso”. Quella sera io e Fra ci siamo guardate senza riuscire a dire frasi che avessero un senso e abbiamo pianto. Per sfogarci un po’. Perché quando cose del genere succedono a qualcuno che conosci assumono contorni più netti e ti metti lì a riflettere ma senza trovare un senso.
Paola è rimasta per un bel pò in quel torpore che ti dà il silenzio. Ma ha sempre risposto ai miei sms, aggiornandomi sui progressi e regressi, poi ancora progressi di Angelo. Fino alla sera in cui ho letto che quel piccolo guerriero di neanche dieci mesi dormiva beato nel suo lettino. In quello di casa. In quello che mamma e papà avevano scelto con cura e amore per lui. Ma la battaglia non è ancora finita.
Ecco, ora voi vi chiederete perché dalle torte e dalla mia felicità sono finita a parlarvi di Paola, di Angelo e del Regno di Op. Semplicemente non lo so. Seduta alla mia scrivania, che poi è un luogo angusto e spesso impolverato nella stanza destinata ai panni sporchi e alla tavola da stiro, il panorama mi invita ai pensieri. C’è tanto cielo dalla mia finestra e il verde della tenuta di Castel Porziano in lontananza. Vedo i cavalli e  le mucche al pascolo. E tutto quella distesa verde mi fa venire in mente i bambini che corrono, spensierati. Ecco l’ho detto: s p e n s i e r a t i, perché proprio così dovrebbero essere.
Da quando Paola ha deciso di raccontarsi e raccontare questo luogo sconosciuto che è il reparto di oncologia pediatrica, leggere quello che accade in questo strano regno è diventato imprescindibile. Per noi che siamo suoi amici ma anche per chi non la conosce.  Ecco, io leggo i messaggi che le scrivono e non ci  vedo la compassione. Ma la forza. La stima. L’affetto. Perché le sue parole infondono coraggio, ci fortificano e ci fanno riflettere.
Mentre facevo la torta con Angela parlavo della lettera che Paola ha scritto a Vanity Fair di cui siamo affezionate lettrici, mentre tentavo di trovare il giusto punto di grigio per il mio Koala mi sentivo orgogliosa di questa lettera e della mia amica. Mi auguro che Angelo, il piccolo Simba, non debba più far parte di quello strano e sconosciuto regno parallelo. Ma spero che Paola non smetta di raccontare “questi bambini speciali, con le teste rasate come soldati arruolati in una guerra inconsapevole e ingiusta”.  

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